Disuguaglianza, Istat: lo Stato italiano è il peggiore d’Europa nel ridistribuire la ricchezza

Un anno fa l’Istat, all’interno del suo 24esimo Rapporto annuale metteva nero su bianco l’andamento della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi di mercato all’interno dei Paesi ricchi: da un confronto con i dati disponibili risultava evidente la drammatica performance dell’Italia, dove tra il 1990 e il 2010 la disuguaglianza era aumentata più che in ogni altro Stato dell’Ocse. Questo è quanto è riuscito a produrre il libero mercato, senza grandi stupori. Il problema è un altro: lo Stato italiano, come spiega oggi l’Istat nel suo 25esimo Rapporto annuale, non è riuscito a frenare granché questa tendenza.

 

«La capacità redistributiva dell’intervento pubblico è in Italia tra le più basse in Europa – si legge infatti nel Rapporto – Nel corso della recessione è aumentata meno che altrove mostrando la difficoltà del sistema welfare nel contrapporsi alle forze di mercato».

 

Nel dettaglio, dall’Istat osservano che «alla fine del periodo di recessione economica 14 paesi europei su 27 registrano livelli di diseguaglianza dei redditi disponibili più alti rispetto a quelli registrati prima della crisi», una logica cui sfuggono – tra gli 8 Paesi più rappresentativi – solo la Finlandia (dove la disuguaglianza si è ridotta durante la crisi), la Francia e la Germania (dove è rimasta stabile).

 

Con un’importante precisazione. In tutti i Paesi osservati eccetto al Germania la crisi ha prodotto un aumento nei livelli di diseguaglianza generatisi sul mercato, un aumento che alcuni Stati sono riusciti a frenare grazie all’intensità del loro intervento redistributivo, e altri no. Tra questi ultimi, in coda spicca proprio l’Italia.

 

«In Italia – documenta ancora l’Istat – la capacità redistributiva dell’intervento pubblico è tra quelle cresciute meno, rimanendo così tra le più basse nei paesi considerati». Nel dettaglio, al 2015 l’intensità dell’intervento redistributivo nello Stato italiano era pari al 16,2%; solo la Spagna mostra un livello altrettanto basso, con una differenza sostanziale. A partire dal 2008 «le difficili condizioni dell’economia e del mercato del lavoro hanno influito, in modo particolare, sui livelli di diseguaglianza generatisi sul mercato», ma «l’intensificarsi dell’azione redistributiva ha permesso a molti paesi di contrastare questa dinamica (in particolare, in Spagna e Grecia) o addirittura di invertirla». In altre parole, dal 2008 al 2015 l’intensità della redistribuzione in Spagna è cresciuta del 5,2% (e nella flagellata Grecia del 10,8%) mentre in Italia di un misero 0,7%.

 

Non c’è dunque da stupirsi se – come mostra l’indagine Oxfam recentemente illustrata alla Camera – l’82% dei cittadini ritiene di convivere con un sistema fiscale iniquo e se sempre l’80% ritiene «prioritaria e urgente l’attuazione di politiche volte a ridurre le crescenti disuguaglianze sociali ed economiche nel nostro Paese». È proprio questo il primo punto sul quale la classe politica dovrebbe intervenire per migliorare la sostenibilità – che non è solo ambientale, ma anche sociale ed economica – del Paese, ma le attuali forze di governo non sembrano preoccuparsene come mostrano gli irrisori stanziamenti dedicati al Reddito di inclusione. Lamentare e condannare l’ascesa del populismo, senza far niente per impedirne l’ascesa – è evidente – da tempo rappresenta una strategia fallimentare. A discapito di tutti.

 

di Luca Aterini

 

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