Westinghouse, l’azienda simbolo del nucleare ha dichiarato fallimento

La Westinghouse Electric Company ha contribuito a guidare lo sviluppo dell’energia nucleare in tutto il mondo; c’erano grandi progetti per il futuro. Ma a fine marzo la società ha presentato istanza di fallimento ai sensi del Capitolo 11 del Bankruptcy Code americano. Le conseguenze di questo atto ricadranno sui progetti in fase di realizzazione e soprattutto su quelli futuri: ha ancora senso investire miliardi di dollari nel nucleare quando sono disponibili tecnologie più pulite e sicure?

Perdite e svalutazioni affossano la Westinghouse Electric Co.

L’istanza di fallimento della Westinghouse Electric Co. è stata richiesta dalla casa madre giapponese Toshiba per tamponare le perdite derivanti dalle difficoltà che l’azienda sta incontrando nella realizzazione di progetti nucleari nel Sud America. Progetti che non tanto tempo fa sembravano essere il primo passo di una rinascita per l’energia nucleare, oggi sono in dubbio a causa dei loro costi. Una mossa, quella di Toshiba, che non arriva inaspettata. A inizio anno, la stessa casa madre aveva annunciato l’addio alla costruzione di nuovi reattori, ritirandosi dal business dell’energia nucleare, affondata da miliardi di dollari di perdite e svalutazioni accumulate negli ultimi anni. L’intenzione era di concentrarsi sul mantenimento dei reattori esistenti, un business più stabile e affidabile, continuando a lavorare sullo sviluppo di nuovi reattori.

 

Il fallimento mette in ginocchio le utility americane

Il fallimento della Westinghouse Electric Co. renderà più difficile per i partner dell’azienda recuperare i propri soldi. Un aspetto che colpisce soprattutto le società elettriche statunitensi per le quali la Westinghouse stava costruendo reattori nucleari. Ora, non è chiaro se l’azienda sarà in grado di completare i suoi progetti che negli Stati Uniti hanno tre anni di ritardo e sono fuori budget per miliardi di dollari. Le società elettriche coinvolte – Scana Energy nel South Carolina e un consorzio in Georgia guidato da Georgia Power – si troverebbero ad affrontare l’eventualità di nuovi termini contrattuali, lunghe cause legali e ad assorbire le perdite che Toshiba e Westinghouse non possono coprire. Le stime dei costi corrono già tra l’1 e l’1,3 miliardi di dollari oltre a quanto previsto originariamente. Ora ci si chiede se ha senso continuare a investire capitali sul nucleare.

 

Nucleare: un settore in crisi in tutto il mondo

La crisi in cui è piombata Westinghouse Electric Co. non è semplicemente la crisi di un’azienda, ma di un settore. Il rallentamento della domanda di elettricità e l’andamento dei prezzi del gas naturale hanno eroso i motivi di convenienza economica dell’energia nucleare, diventata estremamente costosa e tecnicamente impegnativa da sviluppare. A questo si aggiunge il fatto che le tecnologie eoliche e solari stanno rapidamente maturando, portando con sé una caduta di prezzo che le rende sempre più vantaggiose da un punto di vista economico, oltre che sicure e rispettose dell’ambiente. Il terremoto del 2011 in Giappone che ha portato al disastro nucleare nell’impianto di Fukushima ha fatto il resto, rinnovando le preoccupazioni sulla sicurezza degli impianti.

 

Che sia una crisi di settore è evidente anche da quanto stanno soffrendo le altre aziende che si sono assunte il compito oneroso di costruire le centrali nucleari. General Electric, un pioniere nel campo, ha ridimensionato le sue attività nel settore, esprimendo dubbi sulla loro sostenibilità economica. Areva, costruttore francese, è impantanata in 10 miliardi di euro di perdite accumulate negli ultimi cinque anni e sta procedendo a una ristrutturazione su larga scala. Sempre in Europa, giganti dell’energia come le francesi EDF ed Engie, le tedesche E.ON e RWE o la svedese Vattenfall, così come le utility TVO in Finlandia e CEZ in Repubblica Ceca, sono stati tutti declassati dalle agenzie di rating rispetto all’anno scorso.

Cina, l’unico Paese che punta sul nucleare a scapito della sicurezza

L’unica a mantenere la barra a dritta sul nucleare è la Cina, mossa dall’ambizione di trasformare la sua crescente capacità tecnica nucleare in un grande affare. Oltre ad aver visto una crescita del 31 per cento della produzione di energia nucleare, il Paese del sol levante è l’unico ad aver definito piani di espansione per l’atomo. E per ridurre i costi ha allentato gli standard di sicurezza che, per essere adeguati, richiederebbero investimenti più alti, pregiudicando la competitività e la redditività del settore.

 

di Cecilia Bergamasco

 

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