L’informazione ambientale e il Rapporto Eco-Media 2017

Il Belpaese è sempre un po’ in ritardo, è la sua caratteristica: piccoli passi avanti mai sufficienti. E si potrebbe fare molto di più, anche nel breve termine. Tutti possono, e devono, partecipare al cambiamento.Per accompagnare l’Italia verso l’era della sostenibilità abbiamo bisogno di portare tra la gente, nelle scuole, nei luoghi di aggregazione una nuova cultura. L’impresa dei media “sta sul pezzo”? …. 

 

L’articolo 21 della nostra Costituzione sancisce “la pienezza dei diritti di ciascuno all’accesso all’informazione e all’espressione libera delle proprie opinioni e alla possibilità di diffonderle con ogni mezzo”.  

 

L’informazione ha un ruolo decisivo: non è un mestiere semplice, ma un compito necessario. Comprendere cosa succede e dove siamo, avere una visione d’insieme più ampia e obiettiva possibile costituisce la prima e fondamentale tappa di un percorso culturale per affrontare le sfide che ci aspettano nella rigenerazione di una società che sia più giusta e sostenibile. Certamente compiti non facili, ancor di più oggi che ci troviamo di fronte a cambiamenti radicali e a stravolgimenti che necessiterebbero di una guida strategica più lungimirante e responsabile e, invece, continuiamo ad assistere (pressoché indifesi) all’espandersi e intrecciarsi di alcune questioni rilevanti assai critiche: climatica, economica, sociale e proprio quella dell’informazione.  

 

La società in cui viviamo e che abbiamo delineato (e contribuito) a costruire, soprattutto negli ultimi decenni, si poggia prevalentemente su un modello energivoro e consumista che continua a produrre danni sempre più difficili da ricomporre. Tra le cause principali di tutto ciò, a mio avviso, è l’aver “dimenticato” il significato di Bene Comune, un valore sostituito da troppi interessi particolari che minacciano costantemente l’uguaglianza e la coesione sociale. Lo stesso bene comune rappresentato dalla cultura, dall’informazione, è saldamente concentrato nelle mani di chi detiene di volta in volta il potere politico ed economico, che così riesce a raccontare la sua realtà, anche rispetto alle tematiche ambientali.  

 

L’informazione è uno dei passaggi fondamentali per la costruzione di un nuovo “eco-Rinascimento”, con un ruolo determinante sia nella promozione di un diverso e migliore sviluppo economico (per diffonderne i suoi valori), sia nel modificare gli atteggiamenti delle persone.  

 

La sua rilevanza è stata recentemente riconosciuta anche dall’Ipcc e dalle Nazioni Unite, come la piattaforma necessaria per la riconversione ecologica dell’intero sistema. 

 

Certo è che, rispetto a 20 anni fa, l’informazione ambientale è senz’altro cresciuta nel nostro Paese, ma c’è bisogno di un giornalismo di settore più moderno, capace di cogliere l’elemento di attualità e soprattutto di connettersi con le questioni economiche: il green, purtroppo, tende ancora ad essere eccessivamente spettacolarizzato e non viene percepito nelle forti attinenze con il sistema produttivo; rileviamo molte denunce sui guasti causati dall’inquinamento e ancora poca attenzione alle eco-soluzioni tecnologicamente sempre più possibili e vantaggiose. Oggi i governi parlano di economia, crescita e tasse senza percepire e comprendere del tutto il profondo legame con le risorse che arrivano dalla natura e che dettano la stabilità del nostro ecosistema: è stato recentemente calcolato in 145mila miliardi di dollari il valore di beni e servizi naturali offerti dalla Terra, una cifra che supera il Pil mondiale! 

È il mainstream che può fare la differenza, affinché l’ambiente entri più facilmente nelle case della gente, la quale attribuisce proprio alla tv un carattere di autorevolezza.  

 

Ugualmente fondamentali sono carta stampata e radio. E sicuramente anche il web e i social network possono dare un forte contributo nella diffusione dell’ecologia, dandole potenza, profondità e scambio; ma c’è ancora un gran rumore di fondo, è un “ambiente” ancora confuso dove permane una criticità delle fonti (basti pensare a tutta la vicenda delle fake news). 

 

E’ da questo scenario che nasce l’idea dell’Osservatorio Eco-Media, istituito nel giugno 2014, e dallo scorso gennaio rinominato OSA (Osservatorio sullo sviluppo sostenibile e l’ambiente nei media, proprio perché si è deciso di ampliare il monitoraggio d’azione), con l’obiettivo prioritario di stimolare coloro che “governano” il settore dei media, ossia i grandi editori, affinché le tematiche ambientali e di sostenibilità non siano solo relegate alle emergenze e ai disastri naturali, ma abbiano uno spazio più visibile e costante che possa alimentare un circolo emulativo virtuoso generale. Incentivando una filiera produttiva di settore a zero emissioni, amica dell’ambiente. 

Nel IV° Rapporto Eco-Media sono state 24.673 le notizie presentate nei primi sei mesi del 2017 nelle edizioni Prime Time dei sette principali TG italiani; di queste, solamente l’11% dedicato all’ambiente in generale (complessivamente 2.760). Nella categoria “Ambiente in generale” rientrano tutte quelle notizie nel cui racconto l’ambiente ricopre un ruolo fondamentale, in tutte le sue possibili accezioni. Vengono, quindi, comprese anche quelle di cronaca sugli effetti di disastri naturali e quelle sugli eventi atmosferici. L’analisi dell’andamento dell’attenzione ai temi ambientali segnala un evidente picco a gennaio e febbraio a causa delle scosse di terremoto nel centro Italia e delle condizioni meteorologiche particolarmente rigide registrate, sempre in quel periodo, in tutta Italia. 

 

Nel dettaglio, nell’agenda dei TG Prime Time, si parla per il 46% di “Cronaca di disastri naturali” (per il 33% si riferisce alle scosse di terremoto registrate nell’Italia centrale, e per il 52% ai grandi eventi atmosferici, in particolare la valanga che ha travolto l’Hotel Rivapiana di Rigopiano) e, a seguire, per il 26% di “Condizioni meteorologiche”. La categoria Natura&Animali arriva all’8% (le principali tipologie di animali a cui si interessano i telegiornali sono: gli animali domestici, 18%, gli animali selvatici, 31%, gli animali marini per il 23%). I temi ambientali rappresentano solamente il 20% delle notizie. Si è parlato per il 32% di Clima (accordi sul clima e cambiamenti climatici), per il 24% di Tutela ambientale, per il 24%, a pari merito, di Rifiuti. A chiudere la classifica, l’Inquinamento con il 20%. 

 

Nel complesso, quindi, si evidenzia una presenza ancora bassa e discontinua di questi temi nel sistema mediatico. Esiste un problema di priorità: la poca pressione e il non brillante attivismo da parte della stampa “più influente” sulle questioni d’interesse produce una disattenzione della politica, che tende a concentrarsi sulle sollecitazioni maggiormente avvertite dall’opinione pubblica; rischiando di dimenticare che la sostenibilità (dall’energia alla mobilità, dall’alimentazione ai rifiuti e all’urbanistica) è destinata a condizionare in maniera determinante l’economia del futuro: una economia circolare, più collaborativa, capace di conciliare l’interesse generale con quello particolare, e rimettere in movimento l’occupazione, soprattutto giovanile.

 

di Massimiliano Pontillo

 

FONTE: http://www.lastampa.it/2018/03/02/scienza/ambiente/focus/linformazione-ambientale-e-il-rapporto-ecomedia-NUC8cuckvm82Q6EzSyVATN/pagina.html