Trivelle, l’allarme di Legambiente: “Non solo Ionio, anche Adriatico e Canale di Sicilia a rischio"

“Divieto di nuove trivellazioni, taglio ai sussidi per le fonti fossili, la legge che vieta l’airgun, un piano energetico nazionale ambizioso e la riconversione delle attività di Eni dalle fossili alle rinnovabili”. Ecco cosa Legambiente chiede al Governo Conte, l’esecutivo formato da Movimento 5 Stelle e Lega che, proprio insieme all’associazione, hanno sostenuto il sì alla campagna referendaria del 17 aprile 2016 contro le trivellazioni di petrolio. Un richiesta accompagnata dai dati che descrivono la situazione attuale: in Italia sono 96 le richieste di prospezione, ricerca e coltivazione in attesa di via libera. Così Legambiente lancia una petizione contro i sussidi alle fonti fossili e le trivellazioni in mare. “Il rischio di nuove trivellazioni di petrolio è nazionale: non è solo il Mar Ionio ad essere sotto attacco delle compagnie petrolifere – denuncia Legambiente – anche l’Adriatico centro meridionale e il canale di Sicilia sono oggetto di richieste di prospezione e ricerca di petrolio nei fondali marini”.

 

LE RICHIESTE DI LEGAMBIENTE – Il presidente nazionale Stefano Ciafani interviene sulle polemiche di questi giorni in merito ai permessi di ricerca di idrocarburi nel mar Ionio rilasciati dal Ministero dello Sviluppo Economico. “Ci aspettiamo lo stop immediato a nuove trivellazioni in mare e a terra a partire dalle 96 richieste di prospezione, ricerca e coltivazione in attesa di via libera – spiega – il taglio dei 16 miliardi di euro di sussidi annuali alle fonti fossili, la legge che vieta l’uso dell’airgun per le prospezioni, per cui il M5S si era tanto battuto durante la discussione parlamentare dell’allora disegno di legge sugli ecoreati, un piano energetico nazionale per il clima e l’energia che definisca un percorso concreto per la decarbonizzazione dell’economia e la riconversione delle attività di Eni, società a prevalente capitale pubblico, dalle fonti fossili all’efficienza energetica e alle rinnovabili”.

 

LA CACCIA ALL’ORO NERO – Quanto fatto finora dall’Italia è ancora troppo poco. Basti guardare alla mappa tracciata dagli ultimi dati aggiornati da Legambiente che fotografano la situazione attuale. Ad oggi su 16.821 chilometri quadrati, nel nostro Paese, sono 197 le concessioni di coltivazione, tra mare (67) e terraferma (130), alle quali si potrebbero aggiungere altre 12 istanze di concessione di coltivazione (7 in mare e 5 a terra).  E poi su un totale di 30.569 chilometri quadrati sono attivi 80 permessi di ricerca, ai quali si potrebbero aggiungere 79 istanze di permessi su un totale di 26.674 chilometri quadrati e 5 istanze di prospezione a mare su un totale di 68.335 chilometri quadrati.

 

UN PIANO AMBIZIOSO – Secondo Legambiente, però, la priorità assoluta per l’Italia è l’adozione di un Piano per il clima e l’energia che punti alla decarbonizzazione dell’economia. In direzione contraria vanno, invece, i 16 miliardi di euro all’anno per le fossili. In media tra il 2017 e i primi mesi del 2018, il 30% del gas estratto in Italia e il 10% del petrolio sono stati esentasse.  “Dovremo ridurre sensibilmente – aggiunge Ciafani – i consumi di gas nel settore elettrico e civile, attraverso una generazione sempre più distribuita e rinnovabile. Così come dovremo ridurre quelli di petrolio nei trasporti”. Legambiente punta poi il dito contro l’Eni e la sua scelta di continuare a trivellare in Italia e nel resto del mondo “dopo che il mondo ha deciso di prendere la strada della decarbonizzazione dell’economia”. Un obiettivo che, a dire il vero, non tutti i Paesi stanno seguendo con la stessa determinazione. In Italia, Eni trivella – ricorda Ciafani – in Val d’Agri, in Basilicata, nel più grande giacimento petrolifero a terra di tutta Europa, con non pochi problemi ambientali. “Lo fa nei mari che circondano il Belpaese – aggiunge – da sola o in partnership con altre aziende, come nel caso della piattaforma Vega con Edison nel canale di Sicilia, di cui è stato presentato il progetto di raddoppio, bocciato dalla Commissione Via del Ministero dell’ambiente, ma mai ufficialmente ritirato. Lo fa in paesi in tutto il mondo, dal Portogallo all’Egitto, dalla Nigeria all’Artico”.

 

di Luisiana Gaita

 

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/08/trivelle-lallarme-di-legambiente-non-solo-ionio-anche-adriatico-e-canale-di-sicilia-a-rischio-stop-a-96-richieste/4882631/