Dopo la siccità gli agricoltori affrontano i temporali

Dopo un primo trimestre 2019 segnato dalla siccità, con circa 15 miliardi di metri cubi di acqua piovuti in meno rispetto alla media stagionale – una situazione che ha messo a dura prova gli agricoltori soprattutto al nord, dove le precipitazioni sono state praticamente dimezzate –, in questi giorni violenti nubifragi e grandine si sono abbattuti a macchia di leopardo nelle campagne creando disagi di segno opposto, come emerge da un monitoraggio della Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr.

 

«Siamo di fronte alle evidenti conseguenze dei cambiamenti climatici anche in Italia dove l’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai la norma, con una tendenza alla tropicalizzazione che – osservano dalla principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo – si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che compromettono le coltivazioni nei campi con costi per oltre 14 miliardi di euro in un decennio, tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne».

 

In particolare, in questo momento è la grandine l’evento più temuto dagli agricoltori in questo momento perché i chicchi si abbattono sulle verdure e sui frutteti in piena fioritura e spogliano le piante compromettendo i raccolti successivi, dopo un anno di lavoro. Le precipitazioni naturalmente sono determinanti per ripristinare le scorte di acqua sulle montagne, negli invasi, nei laghi, nei fiumi e nei terreni, oltre che per lo sviluppo primaverile delle coltivazioni, ma se si concretizzano in forti temporali rischiano di provocare danni, poiché i terreni non riescono ad assorbire l’acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento.

 

Per dare un’idea dei quantitativi d’acqua piovuti in questi giorni, dopo un lungo periodo di siccità, è utile osservare i dati raccolti dall’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque  irrigue (Anbi), che testimoniano come in soli 3 giorni, il lago Maggiore è cresciuto di 17 centimetri, il livello di quello di Como segna quasi 10 centimetri in più, l’Iseo + 11 centimetri; il lago di Garda è addirittura 23 centimetri sopra la media del periodo; positivo l’incremento anche per i fiumi, che ha abbandonato la fatidica quota minima dei 600 metri cubi al secondo a Pontelagoscuro per avvicinarsi molto alla media del periodo (mc/sec 1559) e l’Adige, che segna la seconda portata del più recente quinquennio a Boara Pisani (mc/sec 243.62).

 

«Le piogge di questi giorni – osserva Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – stanno riportando la situazione idrica delle regioni settentrionali del Paese verso la normalità del periodo. Non dobbiamo, però, illuderci perché le scorte idriche accumulate sono sufficienti indicativamente fino a fine maggio, quando non avremo i consueti apporti idrici dallo scioglimento delle nevi, quest’anno praticamente dimezzate. Questo, nonostante si stia trattenendo la maggior quantità possibile d’acqua nei laghi, nei bacini artificiali e perfino nei canali». È necessario dunque fare di più: «Con i nostri progetti e la nostra sussidiarietà evitiamo di affidare il futuro dell’agricoltura italiana a sciamani e danze della pioggia», conclude con una battuta il presidente Anbi Francesco Vincenzi, che annuncia «il via alla “corsa per l’apertura dei cantieri” previsti dal Piano irriguo nazionale e dal Piano nazionale invasi: oltre 800 milioni di euro in investimenti pubblici, che garantiscono almeno 4.000 posti di lavoro».

 

Fonte: http://www.greenreport.it/news/acqua/non-ce-pace-per-le-campagne-italiane-dopo-la-siccita-gli-agricoltori-affrontano-i-temporali/