Giornata mondiale delle vittime dell’amianto: l’Italia uno dei Paesi più colpiti

Sono passati 27 anni da quando l’Italia ha messo al bando l’amianto. Ma questa fibra letale — che per decenni è stata largamente utilizzata, soprattutto in edilizia — non è un ricordo lontano. Tanto più in Italia, che secondo l’Inail è «uno dei Paesi al mondo maggiormente colpiti dall’epidemia di malattie amiantocorrelate». Oggi, in occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, in tutta Italia si moltiplicano le iniziative per commemorare coloro che hanno perso la vita per colpa dell’asbesto, ma anche per riportare il tema al centro dell’attenzione. Secondo l’Oms, ancora oggi nel mondo sono circa 125 milioni i lavoratori esposti alla fibra. E nel nostro Paese la bonifica delle costruzioni contenenti amianto procede a rilento.

 

Secondo il Libro bianco realizzato dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona), nel 2017 le vittime della fibra sono state 6mila: 3600 per tumore polmonare, 600 per asbestosi, 1800 per mesotelioma, un tipo di cancro molto aggressivo che colpisce la pleura e altre membrane. È la malattia che più di ogni altra si associa all’amianto, e non per caso: dal 1993 al 2015, in Italia sono stati diagnosticati oltre 21mila mesoteliomi e in 8 casi su 10 chi si è ammalato era stato esposto alla fibra. Nella maggior parte dei casi (70%), chi l’ha respirata lo ha fatto sul lavoro, ma ci sono anche casi di esposizione per motivi familiari (5%), ambientali (4,4%) o legati ad attività di svago (1,5%) Tradotto: l’amianto ha ucciso tanti lavoratori e lavoratrici, ma anche persone che respiravano la fibra dai vestiti altrui (per lo più mogli che si occupavano del bucato dei mariti) o che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Basta pensare al caso di Broni, in provincia di Pavia, dove la Fibronit produceva Eternit — cemento contenente amianto — dal 1932: la mattina del 6 marzo 1990, gli abitanti hanno scoperto una coltre bianca che ricopriva tetti delle case, balconi, strade. Era polvere di cemento misto ad amianto fuoriuscita dai tubi dello stabilimento a causa di un guasto.

 

L’amianto uccide, quindi, e ucciderà ancora, perché i tumori che causa, mesotelioma in testa, ci mettono decenni a manifestarsi. Gli esperti avvertono che, dato l’intenso uso del materiale dal secondo dopoguerra agli Anni 80, nei prossimi anni il numero di vittime non diminuirà. Anzi: il picco è previsto tra 2025 e 2030. Senza contare che l’Italia è ancora piena di amianto. Secondo Legambiente, nel nostro Paese sono circa 370mila le strutture che contengono Eternit: per lo più edifici privati (215mila), ma anche industriali (20mila) e pubblici (50mila). Compresi, secondo l’Ona, 2.400 scuole, 1.000 biblioteche e 250 ospedali. Per non parlare della rete idrica: sarebbero 300mila i km di tubature in cui è presente l’asbesto.

 

Si tratta, però, di stime: il censimento dei siti inquinati è stato completato solo in sei regioni. Quanto allo smaltimento, secondo Legambiente l’attività di bonifica procede «a rilento»: gli edifici pubblici e privati bonificati, al 2018, sono 6.869, più o meno gli stessi indicati nel report precedente, che risale al 2015. Il nodo principale è relativo agli impianti di smaltimento, 18 in totale: le regioni che ne hanno almeno uno specifico per l’amianto sono solamente otto.

 

di Chiara Severgnini

 

FONTE: https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_28/giornata-mondiale-vittime-dell-amianto-l-italia-dei-paesi-piu-colpiti-malattie-correlate-fibra-d8ad9358-699d-11e9-9fa7-3789e57c1b85.shtml?refresh_ce-cp