L’emergenza climatica minaccia la sicurezza e la stabilità del mondo

A 100 giorni dalla Giornata internazionale della pace che ogni anno si celebra il 21 settembre, il segretario generale dell’Onu António Guterres: ha dato il via al conto alla rovescia e ha invitato «Ognuno e ognuna e riflettere sulla questione pressante che è stata indicata come il tema di quest’anno: “Azione climatica, azione per la pace».

 

Guterres ha sottolineato che «Il messaggio è chiaro. L’emergenza climatica mondiale minaccia la sicurezza e la stabilità. A causa delle sue conseguenze devastanti, milioni di persone lasciano i litorali e l’interno di territori ormai inabitabili, alla ricerca di un luogo sicuro e di una vita migliore. Anche le catastrofi e I fenomeni meteorologici estremi si fanno più frequenti e violenti e le differenze nate dall’impoverimento delle risorse rischiano di degenerare in conflitti climatici».

 

Il capo dell’Onu ha v nuovamente ricordato il suo recente viaggio nel Pacifico meridionale dove ha potuto constatare per vedere cosa devono subire gli isolani che «sopportano questo pericolo esistenziale. Questo orizzonte che si oscura, non è quello di isole alla fine del mondo, è l’orizzonte di noi tutti e tutte. L’azione per il clima non aspetta. E’ un problema che riguarda tutti e tutte.

 

Dopo aver ricordato la convocazione di un vertice sull’azione climatica  il 23 settembre all’Onu a New York, Guterres ha aggiunto: «Dobbiamo essere ambiziosi» e ha nuovamente invitato i capi di Stato e di governo a partecipare al vertice con «proposte concrete e realistiche per accelerare ulteriormente l’attuazione dell’Accordo sul clima di Parigi firmato nel 2015 e per avviare una transizione radicale verso un futuro più pulito, più sicuro e più verde. In questa impresa, saranno guidati di pressanti appelli di giovani donne e uomini di tutto il mondo che hanno capito che è in gioco il loro futuro. Dobbiamo costruire insieme un mondo in cui possiamo vivere in armonia con gli altri e con il nostro ambiente».

 

Il Segretario Generale ha riproposto una serie di modi per combattere il cambiamento climatico, tra cui «Tassare l’inquinamento, non le persone; smettere di sovvenzionare i combustibili fossili; smettere di costruire nuove centrali a carbone entro il 2020 e trasformare la grey economy in green economy. E’ la lotta della nostra generazione ed è una corsa contro il tempo. Possiamo vincerla, dobbiamo vincerla».

 

Intervenendo il 12 giugno al Consiglio di sicurezza dell’Onu, Guterres aveva sottolineato che «La prevenzione e la mediazione dei conflitti sono due degli strumenti più importanti a nostra disposizione per ridurre la sofferenza umana. Quando agiamo in anticipo, e siamo uniti, possiamo prevenire con successo l’aumento delle crisi, salvare vite umane e ridurre la sofferenza, adempiendo il mandato più fondamentale delle Nazioni Unite».

 

Un compito difficile dove i conflitti sono in aumento spinti anche dalla lotta per le risorse e dai cambiamenti climatici, Però Guterres ha indicato alcuni segnali incoraggianti come il trasferimento pacifico dei poteri in  Mali e in Madagascar; il riavvicinamento tra Etiopia ed Eritrea; l’accordo tra le fazioni in lotta nel Sud Sudan; e, dopo decenni di controversie, la denominazione ufficiale della Repubblica della Macedonia del Nord che ora può essere riconosciuta come tale a livello internazionale.

 

Ma Guterres non si nasconde certo che l’Onu si trova ad affrontare gravi sfide poste da conflitti complessi. Mentre ha definito un «passo importante» l’accordo di Stoccolma sullo Yemen tra il governo di Aden, sostenuto da occidentali a regimi arabo/sunniti, e quello di Sana’a degli sciiti Houthi , il capo dell’Onu ha aggiunto che «Ora si deve passare a un accordo negoziato», cosa molto difficile da fare mentre milioni di yemeniti muoiono di fame e i sauditi e gli emiratini bombardano scuole e civili.

 

Guterres ha ricordato che «Nella Repubblica Centrafricana, l’Onu sta contribuendo all’attuazione dell’accordo di pace mediato dall’Unione Africana», cercando di convince i gruppi armati e cercando di facilitare accordi di pace locali. Di fronte alla violenza settaria scoppiata in Burkina Faso, l’Onu sta lavorando per mettere intorno a un tavolo gli stakeholder nazionali per rafforzare le infrastrutture per la pace e respingere l’offensiva jihadista.

 

Ma è stato lo stesso Guterres a denunciare che «Nonostante questi sforzi, permangono enormi ostacoli, tra cui guerre che continuano a imperversare quando gli attori esterni non arginano o addirittura alimentano la violenza e mentre gruppi armati non statali e milizie frammentate stanno causando un caos ancora maggiore. Inoltre, una rinascita del populismo e la politica contribuiscono al risentimento, alla marginalizzazione e all’estremismo, anche nelle società che non sono in guerra, che stanno arretrando sui i diritti umani e i progressi compiuti negli ultimi decenni sull’uguaglianza di genere e .l’inclusione. Sono i civili che ne pagano il prezzo».

 

Guterres ha elaborato una vasta gamma di strumenti che si basano sul Capitolo VI della Carta delle Nazioni Unite e ha esortato i governi a sfruttarli appieno: «Lo  sviluppo sostenibile è utile in sé, ma è anche uno degli strumenti più efficaci che abbiamo per prevenire i conflitti. L’ Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è il nostro progetto per creare società resilienti e stabili e affrontare le cause alla radice della violenza di ogni tipo. Rappresentano un forte interesse per l’inclusività, con un’enfasi speciale sull’integrazione dei diritti delle donne e dell’uguaglianza di genere, attraverso il nostro lavoro di prevenzione e mediazione».

 

E il segretario generale dell’Onu ha evidenziato che «Mentre i progressi sulla partecipazione delle donne ai processi di pace formali sono ancora in ritardo,  continueremo a utilizzare strategie creative per promuovere la partecipazione delle donne, facendo leva su precedenti iniziative tra le quali il Syrian Women’s Advisory Board e lo Yemeni Women’s Technical Advisory Group».

 

Poi Guterres ha sollevato una gigantesca questione: «Circa 600 milioni di giovani che vivono in Stati fragili e in conflitto possono dare un contributo vitale ai processi di mediazione e di costruzione della pace» e  «Gli attori indipendenti e le organizzazioni non governative, inclusi gli anziani, sono un elemento fondamentale complementare ai nostri sforzi  Ma non prendiamoci in giro: la prevenzione e la mediazione non funzioneranno senza sforzi politici più ampi».

 

Il Segretario generale ha esortato il Consiglio di sicurezza e tutti gli Stati membri dell’Onu a «Lottare per una maggiore unità affinché gli sforzi di prevenzione e mediazione siano il più efficaci possibile. E’ questo l’unico modo per adempiere alle nostre responsabilità nei confronti delle persone che serviamo».

 

l’ex presidente irlandese Mary Robinson, attuale presidente di The Elders, un gruppo di leader globali fondato da Nelson Mandela per promuovere il buon governo e la leadership etica, ha invitato il Consiglio di sicurezza  dell’Onu ad affrontare questi  temi con uno «spirito di dialogo inclusivo e disponibilità a lavorare per compromesso e consenso nell’interesse della pace» e poi ha dipinto un quadro mondiale fatto di paura, conflitto e disperazione: «Dalle strade di Khartoum alle township di Harare, dagli ospedali bombardati di Idlib alle scuole in rovina dello Yemen; e dalle baraccopoli di Gaza ai campi profughi Rohingya del Cox’s Bazaar in Bangladesh.   Per decenni il Consiglio – e, in particolare, i suoi cinque membri permanenti – non è riuscito a onorare le sue responsabilità e ha preferito la realpolitik o gli stratagemmi di potere a breve termine piuttosto che rispettare gli impegni solenni delineati nella Carta delle Nazioni Unite. In nessun’altro luogo che questo è stato più evidente il ripetuto uso del veto da parte di alcuni membri permanenti su risoluzioni volte a prevenire atrocità di massa, compreso l’uso di armi chimiche contro i civili. La comunità internazionale non può più aspettare fino a un’altra grande tragedia».

 

L’ex segretario generale dell’Onu, il sudcoreano Ban Ki-moon, ha detto che «Quando il Consiglio di sicurezza può cooperare e parlare con una voce forte e comune, le sue decisioni possono avere un impatto decisivo. Questa voce forte e comune è più che mai necessaria in questo momento, quando il fascino ingannevole del populismo e dell’isolazionismo sta crescendo in tutti i continenti, dal Nord e Sud America all’Africa, all’Asia e all’Europa. Di fronte a sfide complesse, sfaccettate e gravissime è profondamente irresponsabile che dei politici colludano deliberatamente, alimentano illusioni per il loro tornaconto, nella piena consapevolezza che nessun Paese, per quanto potente, potrà essere in grado di affrontare da solo le sfide globali. I metodi di lavoro del Consiglio di sicurezza potrebbero essere migliorati. I suoi membri devono di “concordare una posizione comune per affrontare i conflitti nelle loro fasi iniziali, anche attraverso dichiarazioni tempestive e forti».

 

Quanto alla minaccia di una nuova guerra nucleare, Ban ha detto che «I rischi di un conflitto nucleare sono più alti di quanto lo siano stati da diversi decenni. C’è anche il rischio che l’intera architettura del controllo degli armamenti e della non proliferazione nucleare, che è stata costruita durante i decenni di confronto tra le superpotenze, possa crollare a causa di una combinazione di negligenza, arroganza e analisi infondata delle minacce. Le conseguenze di questo fallimento non sono contemplabili».

 

Insomma, un conflitto globale sarà nucleare e non prevede un futuro per l’umanità.

 

Fonte: http://www.greenreport.it/news/clima/lemergenza-climatica-minaccia-la-sicurezza-e-la-stabilita-del-mondo/