Rischio frode per l’80% del biodiesel italiano

Alimentiamo le nostre automobili con oli di palma vegetale o grassi animali di origine incerta o persino fraudolenta, come succede oggi in Italia con l’80% del biodiesel immesso sul mercato (oltre 1,1 milione di tonnellate su 1,6 di biocarburanti totali). Nel report di Legambiente “Biocarburanti, falsi rinnovabili” (scaricabile qui) l’associazione ambientalista motiva sulla base di dati ufficiali quantità e indizi di frode. Ma in tutta Europa i nodi arrivano al pettine.

 

Tira aria di riflusso nella moda dei biocarburanti in Europa. L’Agenzia norvegese per l’ambiente non ha più inserito i biocarburanti nelle proposte per il nuovo Piano Clima: troppi i dubbi sulle reali riduzioni di emissioni, dopo che anche la Commissione ha chiesto agli Stati membri – con la nuova Direttiva rinnovabili – di abbandonare progressivamente l’olio di palma e tutti i prodotti derivanti da coltivazione, perché sottrae coltivazioni alimentari. Rimangono le biomasse di scarto, ma se ne trovano quantità limitate, mentre i trasporti hanno necessità di sostituire decine di milioni di tonnellate di gasolio e benzina. Per la sola Italia, ben 36 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio nei trasporti (escluse le tratte internazionali) nel 2021.

 

In Europa per il biodiesel nel 2019 sono state importate 1,5 milioni di tonnellate di Uco (oli esausti di cucina): la quota maggiore proviene dalla Cina (34%) e circa il 20% da Malesia e Indonesia, i maggiori produttori mondiali di olio di palma. In Italia nel 2021 abbiamo usato appena 45.000 tonnellate di Uco da rigorosa e tracciata raccolta differenziata nazionale, mentre abbiamo importato dalla Cina 410.000 tonnellate di presunti Uco. Se i cinesi riciclano tanto olio di frittura quanto gli italiani, servirebbe la raccolta differenziata di 500 milioni di cinesi solo per i biocarburanti usati in Italia. E per il resto d’Europa, un altro miliardo e mezzo di asiatici? Lo denunciavamo già l’anno scorso su queste pagine.

 

L’8 marzo 2022 la testata web Eur-Active informava che 151 milioni di litri di olio da cucina usato malese è stato esportato in Gran Bretagna e Irlanda, mentre la Malesia ne raccoglie appena 70 milioni di litri, secondo un recente studio dell’International Council for Clean Transportation (Icct), un’organizzazione senza scopo di lucro con sede negli Stati Uniti. Meno della metà. L’associazione Farm Europe ha portato la questione all’attenzione del difensore civico dell’Ue, che ha accusato nella sua sentenza di “cattiva amministrazione” l’esecutivo europeo, colpevole di aver rifiutato di rilasciare informazioni sulle origini dell’Uco importato.

 

È dell’aprile del 2021 la lettera alla Commissione in cui 6 Stati membri parlano esplicitamente di “truffa biodiesel”. La Commissione europea ha risposto promettendo entro l’anno la predisposizione di un database certificato in grado di tracciare tutti i commerci di Uco internazionali per evidenziare eventuali frodi: ancora oggi non ne risulta traccia.

 

Sempre ad aprile la stampa danese informava che la società International Sustainability & Carbon Certification aveva rimosso la certificazione da 6 produttori asiatici di Uco perché non avevano saputo dimostrare la provenienza del proprio olio. Il 28 aprile 2023 Bloomberg scrive che i “produttori dell’Ue sono preoccupati di essere sottoquotati dalle aziende asiatiche che mescolano combustibili con materie prime più economiche e li etichettano erroneamente per qualificarsi per gli incentivi delineati dagli obiettivi di energia rinnovabile europei. La vendita di biocarburanti nell’Ue è allettante grazie agli incentivi: i carburanti ottenuti da prodotti di scarto hanno prezzi più alti rispetto a quelli ricavati direttamente dalle colture (olio di palma) perché il processo è più sostenibile”.

 

Il “movente” della frode è chiaro: sul mercato dei carburanti, gli oli vegetali e i grassi animali di scarto sono contabilizzati al doppio del valore dell’olio di palma. Conviene quindi a qualche mercante lungo la filiera, dai mulini di palma alle bioraffinerie spagnole o rumene, passando da navi cisterna e serbatoi di stoccaggio, miscelare o diluire olio di palma con fritture di involtini primavera. Una “truffa biodiesel” che si può stimare tra 600 milioni e il miliardo di euro all’anno.

 

di Andrea Poggio

 

Fonte https://www.lanuovaecologia.it/rischio-frode-per-80-biodiesel-italiano/